Perché il lavoro giusto è così importante?

Anche io sono stata una delle tante che ha lasciato il tempo indeterminato dopo il primo lock-down imposto dal Covid 19.

Ci pensavo da un po, o almeno, da tanto era il mio sogno, ma non avevo mai trovato il coraggio di fare il grande passo. La mentalità “trovati un lavoro, fatti un mutuo, fatti una famiglia” è quella con cui sono cresciuta, e che soprattutto avevo deciso dover essere la mia.

La situazione di partenza è abbastanza frustrante: sapevo che stavo vivendo una vita che non era la mia, ma non riuscivo a liberarmene, non riuscivo ad uscirne.

Mi sembra di vivere in una bellissima gabbia dorata.

Mi chiedo se le cose fossero “andate come avrei voluto” se avrei fatto comunque questa scelta. Sono convinta però che la vita, in un modo o nell’altro, ci faccia fare il percorso più adatto alla nostra crescita.

Cosa avrei voluto io? Crescere in azienda ed entrare a far parte del management. Molto probabilmente però non sono troppo brava a rispettare ciò che gli altri mi dicono, soprattutto se non ho pieno rispetto dell’interlocutore da un punto di vista personale e professionale. Caratteristica, non troppo affine al mondo aziendale moderno.

La mia storia

Ho lavorato per 10 anni come assistente di direzione in due aziende Venete. Ho iniziato subito dopo la laurea triennale, e nel lavoro ho trovato uno scopo. Lavorare mi piaceva, mi riempiva. Ero una di quelle che ci credeva, avevo voglia di crescere, di dimostrare ed avevo voglia di portare tutto ciò all’interno dell’azienda.

Le mie esigenze però non collimavano con quelle delle azienda e soprattutto non mi sentivo valorizzata e libera di essere me stessa pur sempre nel pieno rispetto dell’obiettivo e della realtà in cui ero. Dovevo rispondere sempre a delle regole che sentivo sempre più strette.

Queste consapevolezze maturavano dentro di me, ma non abbastanza per farmi fare il grande passo. Quando è arrivato il lock-down, però le cose sono cambiate. Sono stata messa in Cassa Integrazione. Ormai il mio lavoro non mi piaceva più e non sentivo nemmeno minimamente quel senso di appartenenza e quella gratificazione che mi aveva spinto per molti anni.

Inoltre la possibilità di riappropriarmi del mio tempo, il poter decidere ogni giorno cosa fare e come, mi hanno acceso una nuova consapevolezza. Io volevo questo. Io volevo essere libera di svegliarmi e fare ciò che mi piaceva per me. Ho deciso che il lavoro doveva essere un piacere e non un dovere. In quei momenti di tranquillità (non per forza sempre semplici)è emersa una nuova Giulia. La Giulia che avevo messo da parte molto tempo prima, quando ero entrata a far parte nel mondo delle aspettative e del lavoro.

Quando sono tornata in ufficio ho capito che la nuova Giulia non poteva più coesistere con il mondo aziendale, e così ho deciso di licenziarmi per poter iniziare la creazione di qualcosa di mio.

Mi sono permessa di scegliere in base ai miei valori: libertà, indipendenza e crescita e di lasciare che il lavoro facesse emergere una parte importante di me stessa.

Che ruolo ha per me il lavoro nella vita delle Persone?

Sono sempre convinta che il lavoro sia una parte importante della vita e che concorra a far emergere una parte importante dell’essere delle persone, a patto che questo sia in linea con ciò che le persone veramente sono e vogliono.

Il mio modesto parere è però che troppo spesso, per lavorare all’interno di alcune organizzazioni le persone si trovino costrette a dove rinunciare troppo di se stesse per andare verso a ciò ritiene giusto l’azienda.

Con questo non voglio dire che tutti devono aprire piva e che le aziende non funzionano, ma che è giusto trovare il posto giusto che permetta di far crescere se stessi e, allo stesso momento, l’azienda, senza sentirsi persi o frustrati.

Non voglio neppure dire che sia giusto andare per la propria strada, senza guardare in faccia le necessità delle altre persone (manager, capi, colleghi) ma che è necessario trovare quel giusto compromesso che ci permetta di sviluppare noi stessi ed allo stesso momento l’azienda. E che le due cose sono interconnesse.

Proprio per la mia storia personale e professionale ho deciso di aiutare le persone a sfruttare le proprie potenzialità, con l’obiettivo di vivere una vita piena e felice.

Come ho fatto ad arrivare a questa consapevolezza?

Per arrivare a questa consapevolezza, ho lavorato su di me, e lo faccio tutt’ora. Tantissimo.

Mi sono spinta oltre la mia zona di confort ed è stato difficile, anzi è tutt’ora difficile.

Ho capito i miei valori e cerco ogni giorno di scegliere in maniera coerente alla persona che ho deciso di essere. Come ho detto, sicuramente questa non è la strada semplice.

Ora però, se mi guardo indietro, seppur mi sembra di dover fare ancora moltissima strada, sono felice di dove sono arrivata e soprattutto della consapevolezza che sono riuscita ad ottenere.

Ora chiedo a te:

       sei felice del tuo lavoro?

       Quanto il tuo lavoro è importante nella tua vita?

       Rispecchia i valori in cui tu credi?